sabato 28 marzo 2015

IL MONASTERO DI SAN SALVATORE

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Le origini del monastero di S. Salvatore a Sirmione scaturirono da un grave fatto di sangue che aveva coinvolto il re dei Longobardi Desiderio, e la moglie Ansa, e un potente nobile longobardo, tale Cunimondo, il quale, per risarcire i regnanti dell'uccisione di uno dei favoriti della regina, Maniperto, donò tutti i suoi beni al monastero di S. Giulia a Brescia e alle tre chiese allora esistenti a Sirmione: S. Pietro in Mavino, S. Martino e S. Vito.
Nell'anno 762-765, la regina Ansa faceva erigere a Sirmione un monasteriolo alle dirette dipendenze di S. Giulia. Purtroppo, tutto ciò che resta della costruzione è la parete di fondo dell'area absidale della chiesetta di S. Salvatore, che si può intravvedere dai giardini pubblici, proprio tra la scuola materna e quella elementare. Nell'anno 774, il monastero sirmionese veniva ceduto a Carlo Magno e in particolare al monastero imperiale di S. Martino di Tours. La comunità monastica di Sirmione tornò però presto ad essere una succursale del monastero di S. Giulia di Brescia.
Come detto, dell'antica fondazione monastica della regina Ansa, rimangono oggi solo i resti dell'area est, con le tre absidi semicircolari di diversa dimensione (l'abside centrale è più grande rispetto alle laterali) e un breve tratto dei muri longitudinali a livello di fondazione. La sezione occupata dall'abside centrale è quella che presenta le parti più consistenti di muratura, degradando in percentuale all'abside nord, fino a raggiungere la percentuale minima nell'absidiola sud. Scavi e lavori di recupero sono ancora in corso, anche perchè nella zona a sud dei ruderi si sta costruendo un grande edificio moderno. L'area archeologica è ora chiusa e non visitabile; le poche informazioni che si riportano sono frutto di osservazioni carpite attraverso le recinzioni che circondano il sito di S. Salvatore.
Nell'emiciclo esterno dell'abside maggiore, inserita nello spessore delle murature alte, è ricavata una sorta di nicchia squadrata. Non è possibile valutare se questa sia stata realizzata in epoche recenti o appartenga invece alle strutture più antiche, visto che il S. Salvatore ha avuto una frequentazione e una continuità di culto protrattesi per lungo tempo (la chiesa era infatti ancora visibile alla metà del XIX secolo).
La poca consistenza dei resti non permette, da lontano, un'analisi architettonica attendibile; resta, ad avvallare l'antichità delle origini di questo monumento, quanto è leggibile della planimetria a pianta rettangolare con tre absidi semicircolari poco sporgenti.
Osservando l'area archeologica da ovest, si osserva un tratto delle fondamenta dei muri longitudinali dell'edificio, ciò che permette di rilevare anche per l'interno la scarsa profondità degli emicicli. Per quanto si può vedere, i materiali impiegati sono pietre poco lavorate e di diversa dimensione e provenienza; prevalgono i ciottoli di lago alternati ad altri conci poco rifiniti e allestiti in spessi strati di malta. Le murature dell'absidiola sud sono composte in maggioranza da ciottoli di lago allestiti in spessa malta con altri conci di diverso materiale, poco lavorati e organizzati in corsi approssimativamente orizzontali raggiungendo l'altezza di poco più di un metro.
Le parti basse delle murature dell'abside centrale non sono diverse da quelle dell'abside sud, almeno per un'altezza pari a quella conservata in quest'absidiola, eccetto per la presenza di una finestrella squadrata; sopra, l'assetto murario cambia e la varietà dei materiali, come la messa in opera, si fa più confusa, con l'inserimento di una cornice rettangolare, in leggero aggetto, a inquadrare una nicchia creata nello spessore del muro.
L'absidiola nord conserva invece un tratto di intonacatura che ricopre la muratura. In questo tratto di intonaco si conservano tracce di affresco ormai illeggibili. Il tratto murario superiore presenta lo stesso disordine edilizio che caratterizza i tratti alti dell'abside centrale.

Le ragioni dell'abbandono del monastero da parte delle monache possono essere diverse: pestilenze, carestie, invasioni barbariche, comunità eretiche. La fine delle memorie monastiche della penisola giunse nel XV sec. quando S Giulia liquidò tutti i beni sul Lago di Garda, ormai troppo lontani e poco redditizi.

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