venerdì 24 aprile 2015

IL MONTE SAN FRANCESCO IN PERTICA



La leggenda narra che (nel 389 d.C.) Sant'Ambrogio sconfisse gli Ariani dalla torre sul monte sopra Velate. L'arianesimo prendeva il nome dal suo fondatore, Ario, che nella sua lettura del cristianesimo negava la trinità di Dio e la divinità di Gesù. Questa dottrina, fortemente contraria a quella ufficiale di Roma, venne dichiarata eretica, questo scatenò conflitti e scontri. Dall'evento della sconfitta leggendaria, la torre che ora sta all'interno del monastero delle Suore Romite sul Sacro Monte, venne chiamata “degli Ariani”. Ma proprio in quella dicitura per definire il monte si potrebbe leggere un errore di attribuzione dell'evento, forse la battaglia che pose fine al conflitto non avvenne sull'attuale Sacro Monte, bensì su quello che oggi è il Monte San Francesco in Pertica, che è appunto sopra Velate.

Il Monte San Francesco è inserito nel SIC “Grotte del Campo dei Fiori”, uno dei cinque Siti di Importanza Comunitaria in cui è suddiviso il Parco. La zona in cui sono presenti le rovine del convento è identificata come area archeologica che nel 2002 ha preso parte al progetto “Giardini di Frate Sole”.

Un luogo tra natura e storia, dove conflitti, religione e politica si sono avvicendati fino ad annullarsi, fino a designare la sua scomparsa. Sul Monte San Francesco in Pertica si sono susseguiti popoli e culture che hanno caratterizzato la storia del nostro Paese. Infatti, su quel rilievo sotto al Campo dei Fiori, vi fu prima una torre d’avvistamento romana, poi un insediamento longobardo ed infine un monastero francescano.
Purtroppo tutto quello che rimane ormai sono solo macerie di un passato che solo in pochi conoscono.

Nel periodo Basso Imperiale (III-V sec.d.C.), la torre romana integrava il sistema di controllo del limes prealpino, fortificazioni chiamate Clausurae Augustanae.
La costruzione di questa ulteriore linea di difesa avvenne per proteggere la penisola dalle sempre più frequenti incursioni barbariche nel territorio imperiale. Per questo, sul S. Francesco venne eretta una torre che comunicava a vista con quella “degli Ariani” posta sull'attuale Santa Maria del Monte. Queste postazioni erano fondamentali per il controllo del transito verso la Valle della Rasa, che consentiva l’accesso ai passi alpini del San Bernardino e del Lucomagno, questi portavano in Rezia (Svizzera), una delle province romane. Il complesso di fortificazioni collegate a quella sul S. Francesco appartenevano al territorio del Seprio, che aveva il suo centro militare a Castelseprio.
Questa appartenenza territoriale influenzerà profondamente tutte le vicende militari che avvennero sul monte, finché il Ducato di Milano prenderà il controllo della regione chiamata Contado del Seprio (nel XIII secolo).

Tra VI e IX secolo, il sistema di fortificazioni romane venne in potere dei Longobardi. Una pratica tipica di questa popolazione era quella di affiancare ai centri militari un luogo religioso ed è ciò che si ipotizza sia avvenuto anche sul Monte San Francesco. Infatti, è a quest’epoca che risale una parte del toponimo del monte: il nome“in Pertica” deriva da un'usanza funebre longobarda.
Proprio presso questo popolo era diffuso l’uso di piantare un’asta sulla tomba del guerriero, in cima erano soliti collocare una colomba, in legno o terracotta, rivolta verso il luogo dove il guerriero aveva perso la vita. Per questo motivo si pensa che, su un pianoro appena sottostante alle costruzioni, vi sia un antico cimitero longobardo. A conferma di ciò vi sono alcuni racconti di persone del posto che avrebbero ritrovato alcuni reperti archeologici.
Nel periodo seguente (fino al XVI sec.), la via che collegava Velate al santuario sul Sacro Monte divenne d'importanza fondamentale. Proprio perché situato sulla strada principale, che collegava a Velate il santuario e la guarnigione stanziata là sopra, è molto probabile che il monte “in perticis” (come viene chiamato nei documenti dell’epoca) fosse coinvolto negli scontri tra milizie sepriesi e milanesi. Ma, oltre che gli spostamenti di truppe, questa strada era frequentata anche per raggiungere S. Maria del Monte, che era divenuta meta di pellegrinaggio su una dei principali collegamenti
ai Paesi d’oltralpe.
Le rovine situate sul monte sono la testimonianza dell’azione dei frati la cui presenza è documentata già a partire dal 1289. Caterina da Pallanza quando fondò il monastero delle romite del Sacro Monte nel 1474 abbracciò proprio la regola Agostiniana. Al 1478 si riferisce un miracolo, narrato dal Sormani nel suo libro “ Il Santuario di Santa Maria del Monte sopra Varese” edito nel 1739. Egli racconta che Padre Jacopo di San Francesco in Pertica guarì dalla sordità una fanciulla toccandole le orecchie con una mano del cadavere della Beata Caterina, defunta già da nove giorni.

Purtroppo poche sono le notizie relative al monastero: presumibilmente i frati che vi abitarono furono sempre in numero limitato poiché le dimensioni dell’edificio dovevano essere piuttosto modeste. Della chiesa abbiamo qualche notizia all’epoca di San Carlo Borromeo quando ormai i frati avevano già abbandonato il monastero che ricadeva sotto la tutela della parrocchia di Velate. Certo è che l’edificio si trovava in completo stato di abbandono: l’altare era privo di croce e candelieri, il pavimento dissestato, i muri scrostati, mancavano il soffitto, il campanile, l’acquasantiera. Nessuno si preoccupava di custodirne l’ingresso. Nella sua visita pastorale del 27 ottobre 1574, San Carlo ordinò una serie di urgenti riparazioni e, in attesa di una decorosa sistemazione, la sospensione delle celebrazioni liturgiche. I lavori di riordino, in realtà, data la difficoltà di reperire i fondi e forse l’insufficiente interessamento al luogo, non vennero mai eseguiti e la chiesa venne sconsacrata. I muri crollati vennero ulteriormente demoliti per permettere l’utilizzo delle pietre come materiale da costruzione.

Il luogo cadde lentamente nel più completo oblio tanto che oggi la vegetazione ha ricoperto i pochi ruderi sopravvissuti al passare del tempo . Anche il sentiero che permetteva la salita al monte san Francesco venne sempre meno utilizzato dai pellegrini che, con la creazione nel XVII secolo del Viale delle cappelle, raggiungevano il Santuario di Santa Maria del Monte senza più seguire gli antichi sentieri medioevali che si diramavano dall’antico centro abitato di Velate. Oggi della chiesa e del convento di S. Francesco sembra andato quasi completamente perso anche il ricordo. Secondo la tradizione, molti sostengono che l’altare ligneo conservato nella chiesa parrocchiale di Velate provenga dalla chiesa di S. Francesco in Pertica. Qualche velatese ritiene che anche la statua lignea della Madonna con bambino conservata nella chiesa di S. Cassiano, abbia la medesima provenienza.

Nella chiesa di San Cassiano, sotto Velate, è conservata una statua della Madonna con Gesù bambino tra le braccia, ma la scultura non è sempre stata in questo luogo. Il 19 agosto 1574 una visitazione dell'Arcivescovo presso il San Francesco trovò nel decaduto conventino, ormai abbandonato dai frati, soltanto un eremita che custodiva “una statua bellissima dell'insigne Madre” (così recita il rapporto scritto sulla visitazione). Forse questa opera d'arte è proprio quella che venne poi portata alla chiesa di San Cassiano, poco distante da lì.

Dal punto di vista geologico la zona è costituita dalla formazione “Calcare di Moltrasio“, composta sia da calcare che da selce diffusa e concentrata in noduli, con ampia presenza di fossili nella parte basale dell’unità. Questi fossili sono la testimonianza che milioni di anni fa tutta la zona di Varese era sommersa completamente dal mare.

L’ambiente che si trova è selvaggio, immerso in una vegetazione rigogliosa che ne limita i punti di vista. La cima del monte si raggiunge senza difficoltà. Qui si notano i resti di una struttura quadrata. Sono muri a secco di limitato spessore non una costruzione imponente. La sua posizione dominante e la forma lasciano pensare ad una torre, ma forse era un semplice locale del monastero. Poco lontano le fondazioni della chiesa, una piccola aula con apertura a Ovest e zona absidata appena leggibile a Oriente. Tutto intorno pietre, talvolta sovrapposte con ordine, talvolta accumulate.

L’area del complesso monastico non doveva essere piccola (un ettaro circa), ma le costruzioni, secondo la tradizione francescana, erano povere, i locali spogli, essenziali e di limitate dimensioni. La visita non lascia affascinati in quanto non si riesce nemmeno con un rilievo geometrico a capire qualche cosa sulla organizzazione degli spazi abitativi e di culto. Pensiamo però al San Francesco coltivato a vigneto, alla sua sommità libera dalla vegetazione spontanea, alla chiesa e alle casette del monastero intonacate di calce: così San Carlo Borromeo, nella mappa allegata alle descrizioni delle sue visite pastorali, ci sembra descrivere ancora questo luogo che solo pochi anni dopo non sarebbe stato altro che un ricordo.

Il Monte San Francesco è caratterizzato da boschi di latifoglie; in particolare Faggi, Robinie, Quercia e Castagni. Nello strato arbustivo si possono trovare noccioli, cappello del prete, acero campestre, rosa canina e pungitopo. Lo strato erbaceo
è molto diversificato e si possono trovare specie come la primula, il ciclamino, l’edera e la felce.

Da un punto di vista faunistico, le presenze più interessanti riguardano i rapaci (Nibbio bruno e Falco pecchiaiolo ), e i chirotteri ( pipistrelli ) preziosi alleati per ridimensionare le popolazioni di insetti dannosi e fastidiosi quali le zanzare.
Curiosa è la presenza di alcune specie di invertebrati tra cui l’endemico
Duvalius ghidinii appartenente alla famiglia dei Carabidi. Sono molto diffusi anche mammiferi ungulati ( Cinghiali, Cervi e Caprioli ), e piccoli roditori tra i quali Scoiattoli. I più fortunati potranno avvistare anche bellissime volpi.




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