lunedì 11 maggio 2015

LE CITTA' DEL LAGO D' IDRO : BAGOLINO



Bagolino è un comune italiano della provincia di Brescia, in Lombardia. Il comune appartiene alla Comunità Montana della Valle Sabbia.

Il borgo conserva l'aspetto medievale, con case addossate e strade tortuose, portici, piazze, fontane, palazzi antichi e le strette scalinate che salgono alla chiesa di San Giorgio.

Località climatica e di soggiorno, è sede dell'omonima manifestazione carnevalesca oltre ad essere zona di produzione casearia del formaggio Bagòss.

Bagolino è posto all'interno della valle del Caffaro, una valle tributaria della valle Sabbia.

Presso il lago di Ravenole sono stati ritrovati vari reperti, tra i quali: una punta a dorso bilaterale tratta da ipermicrolamella, una lama con margine sinuoso, altra microlamella ritoccata, microbulini sia prossimali che distali ed alcuni nuclei databili tra il 8.000 e il 6.000 a.C..

I graffiti camuni che dagli esperti sono fatti risalire a questo periodo raffigurano solo animali. Non è ancora possibile sapere se in questa epoca l'uomo si sia già stabilito in Valle Camonica o vi arrivi sporadicamente per battute di caccia.

E' dal terzo millennio a.C. che hanno inizio le prime forme di agricoltura, testimoniate dai graffiti camuni, che segnano un mutamento nella vita delle genti alpine che da nomadi diventano stabili.

Le incisioni rupestri, risalenti all'età del rame, oltre all'uomo, raffigurano anche oggetti concreti e concetti astratti.
Nel secondo millennio a.C., giungono alcune tribù liguri denominate Reti o Euganei.

I graffiti dell'età del bronzo  scene raffigurano uomini intenti al lavoro agricolo ed alla lotta; vi sono anche scene di campi coltivati e cintati.
I territori bresciani sono occupati dal misterioso popolo degli Etruschi che, secondo alcuni studiosi, sarebbe originario dell'Asia Minore. La popolazione della provincia assume così una composizione eterogenea di più vasta misura.

Con l'avvento in Italia delle colonie greche e romane ha inizio per la civiltà camuna il lento decadimento, che culminerà con la conquista e la sottomissione di questo popolo da parte dei dominatori romani.

Verso il 170 a.C. i Romani arrivano anche in territorio bresciano e sottomettono i Galli Cenomani, probabili fondatori di Brescia, che da tempo (360 a.C. circa) sono diventati i signori dei luoghi.
Questi avevano vinta la popolazione bresciana, non tutta, poiché alcune tribù al comando di Reto si erano ribellate. Codeste, inferiori di forza devono ritirarsi sulle Alpi, da loro chiamate Retiche, dove Finirono per l'unirsi alle genti che già abitavano i nostri monti. Trascorsi alcuni decenni, verso l'89 a.C., i Galli Cenomani completano la loro fusione con i conquistatori ottenendo così la cittadinanza romana. Nel territorio bresciano vi sono però alcune popolazioni montane, i Camuni i Triumplini e i Vennoni, abitatori questi ultimi della Valle Sabbia, che fedeli alle loro antiche tradizioni non vogliono sottostare al dominio romano.
Valorosa e tenace è la difesa dei valligiani che, dopo anni di durissime battaglie, devono piegare il capo davanti alle aquile romane dei generali Livio Druso e Tiberio mandati dall'Imperatore a conquistare le Valli bresciane.
I Romani, seppure vincitori, rendono onore a queste popolazioni alpine incidendo anche i loro nomi sul trofeo di Turbia, presso Monaco, eretto in onore dell'Imperatore Augusto.
Su questo trofeo compaiono i 44 nomi dei popoli vinti e tra questi sono annoverati i Triumplini ed i Camuni. Non compaiono i Sabini.

Con la conquista romana di queste valli si pensa che anche Bagolino sia diventato dominio romano. Ad avvalorare l'ipotesi contribuiscono alcuni indizi:
- il ritrovamento, avvenuto nel 1800, di una statuetta romana. Nel manoscritto del Panelli, storico locale del XIX secolo, si narra come un certo Lorenzi mentre stava scavando nella terra per costruire un uccellanda sul Dos dei Balbane - loc. Ponte Caffaro, avesse ritrovato questo prezioso cimelio: "... costui, dice il Panelli, scavando la terra sul medesimo dosso ritrovò una bellissima testa di metallo di mirabile pulitezza e lavoro e con l'elmo e sopra l'elmo una sfinge ...
Gli antiquari di quel tempo hanno ravvisato in questa "statuetta" le fattezze della dea Minerva onorata dai Romani.
Voci dal dialetto locale che possono far suppore un antica presenza romana sono:
- Lèré (solaio) chiamato così perché con la venuta del cristianesimo, in quel luogo, vengono riposte e dimenticate le effigi degli antichi dei protettori della casa: i Lari romani.
- Glesiè-gesiè, arcaica voce locale per chiesa. Dal latino "ecclesia".

Fra gli dei adorati nella vallata del Caffaro si ricordano, Tunol, Saturno, Tor, Bergino, il dio Pane, cui venivano sacrificati i più bei capi d'agnello, la dea Cerere, alla quale venivano offerti i frutti della terra e il dio Termine. A quest'ultima divinità si dice che fossero consacrate le montagne e le vette; questo dio proteggeva anche i confini delle proprietà. Si racconta come le vittime, a lui immolate, venissero legate a grossi anelli fissati su altissime rupi e che uno di questi anelli fosse stato ritrovato presso la Berga (cima Caldoline).
Di questi tempi remoti si ravvisa traccia in alcuni termini rimasti ancora a denominare vari luoghi della valle, quali: via Pagana, orto dei Pagani a Bagolino e Rocca pagana a Storo.
Gli antichi riti officiati in quei posti e dedicati a quegli dei potrebbero aver dato luogo, con l'oblio degli anni, a confusioni con diavolerie e stregonerie.
Intanto il cristianesimo avanza. Fra i primi predicatori che giungono nei dintorni di Bagolino si ricorda San Vigilio, Vescovo di Trento, mandato da Papa Damaso nelle terre bresciane e veronesi per diffondere il messaggio evangelico. San Vigilio verrà martirizzato in Val Rendena il 26 giugno 403.
Con l'instaurazione del potere ecclesiastico la chiesa trasforma gli usi dei tempi fino a sostituirsi all’Impero Romano in decadenza.
Gli antichi Pagi romani diventavano Pievi, chiese plebane, circoscrizioni territoriali con il compito di sovraintendere la vita religiosa ed amministrativa dei paesi sotto la loro giurisdizione, mentre i Municipi mutano in Diocesi.
I primitivi dei adorati nelle vallate sono così "sostituiti" dal Dio di Gesù Cristo e dai Santi che vengono a prendere, in certo qual modo, le difese del Paese.

Il grande Municipio di Brescia romana che allora estendeva la sua influenza sino ad Arco e Riva, comprendendo così anche la valle del Caffaro e del Sarca nella tribù di Fabia, con la venuta in Italia dei Longobardi perde Bagolino e parte dei suoi territori. I Longobardi per loro particolari interessi strategici, di confini e di difesa, conquistano ed inglobano questi territori nel Ducato trentino estendendo i loro domini.
Bagolino entra in tal modo a far parte di una delle sette Pievi che comprendevano le cosiddette Giudicarie, terre di confine, trentine: la Pieve di Condino.
Questa Pieve che dapprima era compresa nella giurisdizione del Ducato tridentino, con la donazione longobarda dei Ducato ai Vescovi di Trento, che assumono il titolo di "Principi"; passa sotto la loro potestà.

Nell'età comunale, durante le lotte tra Guelfi e Ghibellini, Bagolino badò soprattutto a difendere la propria autonomia, schierandosi alternativamente dalla parte del comune di Brescia (guelfo) e del principato Vescovile di Trento (ghibellino)

Nel XIV secolo fu assoggettato al dominio dei signori di Lodron, vassalli del principe-vescovo di Trento, che reclamavano antichi diritti feudali sul paese. Iniziò in questo modo una disputa destinata a protrarsi nei secoli.

Nel 1440 Bagolino passò sotto la Repubblica di Venezia rimanendovi, pur attraverso alterne vicende, sino al 1797. Con la Serenissima, il comune di Bagolino stabilì solidi legami di fedeltà, ottenendone in cambio una notevole autonomia amministrativa. Nel 1473 ottenne propri statuti, che regolavano in termini democratici la partecipazione delle famiglie bagosse al governo della cosa pubblica e garantivano il funzionamento di numerose istituzione di carattere sociale e solidaristico. La relativa lontananza da Venezia e l'appartenenza dal punto di vista religioso alla diocesi di Trento connotava Bagolino come comunità di confine, dotata, tra l'altro, di una propria milizia. L'autonomia venne mantenuta nonostante diversi tentativi dei conti di Lodron di recuperare il dominio feudale sul paese.

Grazie all'autonomia, nonché allo sviluppo della produzione casearia e, soprattutto, della lavorazione del ferro, per mezzo del forno fusorio posto nei pressi del torrente Caffaro, il paese ebbe un considerevole sviluppo demografico ed economico, nonostante le numerose calamità naturali che la colpirono: la peste (nel 1478, nel 1580 e nel 1630), un incendio nel 1555, ed altre sciagure ancora.

La chiesa di San Giorgio, costruita tra il 1624 ed il 1632, testimonia, con la sua mole e, ancor più, con la ricchezza degli affreschi e degli arredi sacri realizzati da artisti importanti, il benessere raggiunto dalla comunità bagossa.

Nella notte tra il 30 ed il 31 ottobre del 1779 un furioso incendio, partito dal forno fusorio ed alimentato da un fortissimo vento, distrusse quasi l'intero paese e causò un notevole numero di vittime. La calamità mise in ginocchio l'economia del paese, determinando anche la chiusura delle attività di produzione del ferro e dando inizio ad un periodo di declino.

Dopo la sconfitta della Repubblica di Venezia contro le truppe napoleoniche nel 1797, Bagolino entrò anch'essa a far parte del Regno Lombardo Veneto sotto la dominazione dell'Impero austriaco, fu coinvolta nelle vicende del Risorgimento italiano e passò nel 1861 al Regno d'Italia. Nel 1866, fu coinvolto, assieme ai paesi limitrofi, nella campagna garibaldina contro l’Austria - conclusasi con il celebre "Obbedisco"- e nelle vicende militari avvenute attorno alla Rocca d'Anfo con le note battaglie di Ponte Caffaro e di Monte Suello.

Il fiume Caffaro, che oggi segna il confine tra le province italiane di Brescia e Trento, fino al 1918 costituiva il confine tra Italia e Austria.

Il carnevale di Bagolino risale almeno al XVI secolo, come documentato da scritti conservati nell’archivio comunale. La festa ha conservato nel tempo le sue caratteristiche storiche, in virtù della posizione isolata del paese, attirando, anche l’attenzione di studiosi di etnologia.

La festa si articola in due manifestazioni distinte, animate rispettivamente dalle figure dei Balarì (ballerini e suonatori) e dalle grottesche Maschér (maschere).

La chiesa sorse di San Gorgio, per volere della comunità di Bagolino, negli anni tra il 1624 ed il 1632, in sostituzione di un più antico edificio di culto che già sorgeva sulla rocca che domina l'abitato. A realizzare l'opera fu chiamato il bresciano Giovanni Battista Lantana, che scelse linee architettoniche piuttosto semplici, coerenti con la fisionomia del paese.

L'esterno presenta una facciata a capanna, alleggerita, in alto da una trifora e da un elegante pronao a sette archi.

La chiesa di San Rocco è situata all'ingresso dell'abitato di Bagolino, a fianco della strada statale 669 che porta al passo di Crocedomini. Venne eretta dopo la peste del 1478, per ringraziare il santo al quale essa è dedicata per la cessazione del flagello, e per porre sotto la sua protezione l'intera comunità. Grande interesse riveste, al suo interno, il ciclo di affreschi realizzato dal pittore camuno Giovanni Pietro da Cemmo, artista che segna nelle valli bresciane il passaggio dalla pittura gotica a quella rinascimentale; inoltre è presente un'ancora di legno risalente al XVI secolo.

Bagolino è situato in una pittoresca posizione. L'abitato ha conservato in gran parte integra l'antica struttura urbana; le vecchie case in pietra, ornate di ferro battuto e tra loro collegate da sottopassaggi, si dispongono assecondando la morfologia del terreno e formando un insieme ricco di valori ambientali.

Il comune di Bagolino, il più esteso territorialmente della Valle Sabbia, è situato alla sua estremità settentrionale.
Il capoluogo, Bagolino, sorge in un'ampia conca nella valle del Caffaro e comunica con le valli vicine per mezzo di due passi che ebbero in passato grande importanza e ne influenzarono la storia: il passo di Croce domini (m 1895) che lo unisce alla Val Camonica e il Giogo del Maniva (m 1664) che lo unisce alla Val Trompia.
La Valle del Caffaro, orientata in senso perpendicolare alle Alpi, ha il suo vertice nel Passo del Termine (m 2334), confine naturale fra Lombardia e Trentino, dove nasce il fiume.
Attraverso un paesaggio di notevole ricchezza floristica e faunistica, il torrente Caffaro, scorrendo, ora su falsi piani, ora in profonde forre, giunge nella pianura di Ponte Caffaro, dove, in prossimità del lago d'Idro, confluisce nel Chiese.
Il territorio, attraversato dalla provinciale S. Antonio-Crocedomini, riassume in un percorso di circa 20 km diverse caratteristiche ambientali: dai 360 m della zona lacustre ai 2843 m del Cornone di Blumone, nel gruppo dell'Adamello.


L'ambiente montano che circonda Bagolino, oltre alle bellezze naurali che può offrire al turista in una varietà di itinerari di diversa difficoltà, è arricchito di fascino particolare per l'enorme patrimonio di cascine, malghe, santelle, disseminate tutte attorno al paese e abitate, le prime, per la maggior parte dell'anno.
Il nucleo urbano di Bagolino, raccolto attorno alla sua imponente parrocchiale che lo domina, si presenta, visto dalle montagne che lo circondano, con una singolare forma di "esse": le due contrade di Ösnà e Cävril sono unite fra loro da una striscia di case che sembrano proteggere la via principale (l'antica piazza).
Il paese mostra i segni di un passato importante, molte le case architettonicamente pregevoli, sorte tra il 1600 e il 1800, quando la fiorente industria del ferro, grazie alla ricchezza dei boschi e alla vicinanza delle miniere della Valle Trompia, permise il nascere di una borghesia di mercanti e artigiani favorendo il benessere di tutta la popolazione allora molto numerosa.
Altri particolari degni di nota sono i numerosissimi portici (rappresentativa Via Portici, vecchia strada principale e commerciale), le inferriate, i portoni, i "fusinai" (fuochi alla veneta sporgenti dalla sagoma della casa), le fontane in granito, gli affreschi sulle case databili tra il 1400 e il 1800.
Fra le belle piazzette interne è degna di nota piazza Mercato, su cui si affaccia una casa con portico sostenuto da archi e impreziosita con due facce in pietra; in un'altra costruzione si possono vedere le pietre enormi dell'antica Torre Comunale (del 1400 circa), riportata in alcuni dipinti raffiguranti il paese.
Le strade dell'abitato sono strette e acciottolate, mentre numerose scalinate collegano il borgo con la parte alta dove si stagliano le chiese di S. Giorgio (parrocchiale) e di S. Lorenzo. Sovrasta il paese la mole dell'antico convento, fondato nel 1517 dalla Beata Lucia Versa da Lumi, originaria di una ricca famiglia di Bagolino, completamente estinta nell'incendio del 1779.
Al suo interno, nella chiesetta, si può vedere la pala della chiesa dei Ss. Gervasio e Protasio di G .B. Motella. Ora il vetusto edificio, completamente ristrutturato e attrezzato, è stato trasformato in efficiente casa di riposo.
Proseguendo lungo la strada principale in direzione di Gaver, si incontra la chiesa di S. Rocco con splendido ciclo di affreschi di Pietro da Cemmo (1483-86); infine, di notevole suggestione, all'uscita del paese, il Cimitero Vecchio. La frazione di Ponte Caffaro, in continuo sviluppo grazie alla sua posizione su un'importante arteria di traffico turistico-commerciale, sorge nella pianura coltivata che circonda a nord il lago d'Idro.
Dopo la paziente opera di bonifica iniziata dai Benedettini attorno all'anno 1000 e durata secoli tra alterne vicissitudini, il terreno di Pian d'Oneda fu suddiviso in parti uguali fra 241 famiglie povere.
Questa divisione in piccoli appezzamenti di uguale dimensione, separati fra loro da un ordinato disegno di fossi e di stradine è rimasta pressoché inalterata nel tempo, a testimonianza di una intelligente opera di lottizzazione.
I "Quadri", insieme con la presenza del lago, costituiscono la caratteristica dominante del paesaggio di Ponte Caffaro.
Venendo da Brescia, poco prima di entrare in paese, in località Caselle, è visibile la chiesa di S. Giacomo. Della sua esistenza si ha notizia fin dal IX secolo quando dipendeva dai Benedettini di S. Pietro in Monte.
Dedicata a S. Giacomo, protettore dei pellegrini, comprendeva un tempo anche un ostello per ospitare i viandanti.
Nel territorio del comune di Bagolino sono presenti altri due nuclei abitati di una certa importanza: Cerreto, sulla strada che porta a Riccomassimo, in Trentino, e Valle Dorizzo, sulla strada che conduce in Gaver.

Nel campo turistico, il territorio ha buone opportunità da sviluppare, sia per quanto riguarda il periodo estivo che quello invernale.
In estate, a Ponte Caffaro, la presenza del lago d'Idro, particolarmente adatto alla pratica della vela grazie al moto ondoso pressoché nullo e ai suoi venti caratteristici (l'ander in direzione sud-nord in condizioni metereologiche normali, e il suer in direzione opposta che, in condizioni perturbate, si presenta anche con raffiche di elevata intensità), è indubbiamente un richiamo.
Buone la pescosità del lago d'Idro (trota, persico, anguilla, carpa, cavedano, bottatrice, alborella) e le attrezzature turistiche (alberghi, campings, ristoranti, pizzerie, campi da tennis e da calcio).
A Bagolino, in un ambiente montano incontaminato, numerosi sentieri segnati propongono itinerari suggestivi di diversa difficoltà e bellezza dai 700 m ai 2843di altitudine, alla scoperta dei numerosi laghetti alpini, dei torrenti ricchi di trote, dei boschi, dei pascoli, delle malghe.
Per il turismo invernale, notevole sviluppo hanno raggiunto le stazioni di Gaver e Maniva.

Tre le specialità gastronomiche, è tipico di Bagolino il bagoss: formaggio a pasta dura, prodotto nelle malghe locali in forme da 15-20 kg; viene stagionato per circa due anni e raggiunge, a maturazione, il gusto particolare che lo ha reso famoso.
Nei tempi passati il cibo più comune era la polenta. Con essa si mangiava il formaggio stagionato o la puìna, cioè la ricotta, che non veniva salata per evitare la sete.
La prima colazione si faceva con la polenta avanzata dal giorno prima.
Durante l'inverno si mangiavano patate, verza, rape e castagne.
La carne si mangiava solo durante le grandi feste; le galline si tenevano per le uova e le mucche per il latte.
Il latte era un cibo di lusso, perché i mandriani lo usavano per fare il burro ed il formaggio.
I ragazzi facevano festa quando potevano intingere la polenta nel fioricc, terza essenza del latte.
Piatto molto saporito la polenta tiragna che si condiva con il formaggio, mentre era ancora sul fuoco.
Si rovesciava dal paiolo in un recipiente di rame stagnato e sopra si versava il burro. I bambini aspettavano solo quel giorno per poterla mangiare.
Vi erano anche i capù màgher che erano fatti con una foglia di verza e un ripieno composto da carne, formaggio bagoss, uova e prezzemolo.
Molto gustosi erano i casunsèi preparati con pasta fatta in casa e ripieno di carne (i ravioli di oggi).
Non si devono dimenticare le mericonde, che sono fatte di formaggio, uova, prezzemolo, erbe (principalmente verza fritte), e pane.
Sono un cibo molto antico e si mangiava ancora quando non si conoscevano né le patate, né il granoturco.
Questo gustoso cibo veniva impastato a gnocchetti, che venivano bolliti col pollo, quando questo era già a buona cottura.
Si preparava anche una minestra con ortiche bollite con il latte; da ricordare anche il radicchio lessato, arrostito con il burro e la cipolla, condito poi con la puìna grattuggiata. Apprezzate sono anche le comede (spinaci selvatici), una verdura che cresce ancor oggi spontanea nei prati.




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