martedì 26 maggio 2015

LE CITTA' DELLA PIANURA PADANA : CASTELLANZA



Castellanza è un comune italiano della provincia di Varese in Lombardia.

Castellanza è l'ultimo Comune della Valle Olona, a sud delle Prealpi Varesine, e si trova al centro della conurbazione che comprende Busto Arsizio, Legnano e Olgiate Olona, a cavallo del confine con la provincia di Milano. È attraversata dal fiume Olona, che taglia in due parti il territorio comunale. L'Olona è stato uno dei fiumi più inquinati d'Italia, anche se la qualità delle acque sta gradualmente migliorando.

La pianta della città è caratterizzata, da due nuclei storici: Castellanza e Castegnate, posti sui due lati della valle, e segnati da una rete di vie parallele che portano all'Olona, in corrispondenza degli antichi mulini. Castegnate è il borgo di Castellanza ad est del fiume Olona, detto anche in lombardo occidentale in giò. Via Borsano, Via Giusti, Via Brambilla (dal lato di Castellanza), Via Gerenzano, Via Moncucco e Via Nizzolina (dal lato di Castegnate) sono i vecchi percorsi che scendono al fiume.

Fa inoltre parte del territorio comunale una porzione dell'insediamento denominato Buon Gesù, nato attorno all'omonima cascina del XVII secolo, originariamente conosciuta come Cascina "Selva Longa" e nel XIX secolo come Cascina delle Corde e Cascina Cagnoeula. Buon Gesù è al confine con Busto Arsizio e Olgiate Olona, lungo la Strada statale 33 del Sempione ed è frazione di tre Comuni.

Dai reperti archeologici rinvenuti nel sottosuolo di Castellanza è stato rilevato che il primo insediamento umano avvenne durante l'Età del Rame (2500-2200a.C.). Dagli altri resti venuti alla luce è stato appurato il passaggio delle civiltà celtica, romana e longobarda. Parecchi di questi ritrovamenti sono conservati tuttora nel Museo Archeologico Suthermeister di Legnano.
Il nome di Castegnate (allora Casteniate) - in seguito assorbita da Castellanza - appare per la prima volta in un documento del 1045 con il quale l'imperatore Enrico III conferma al Monastero di San Dionigi di Milano la proprietà dei beni lasciatigli dall'arcivescovo Ariberto.
Solo nel 1361 in una pergamena dell'archivio di Busto Arsizio si parla per la prima volta di Castellanza, la quale, cento anni dopo, risulterà aver assorbito due contrade Cogorezio e Sponzano - che in precedenza erano luoghi appartenenti alla Pieve di Olgiate Olona.
Il nome deriva dalle "castellanze" che erano agglomerati di case attorno ad una residenza feudale: il castello. Le persone che vivevano nelle "castellanze" erano i sudditi, contadini che lavoravano per il nobile del luogo.
L'origine invece del nome "Castegnate" che sarà in seguito accorpata al comune di Castellanza, deriva dal castagno, pianta molto diffusa sul territorio. Castellanza, grazie alla sua posizione di transito fra Alpi e Pianura Padana, è da sempre un crocevia di civiltà e culture.
Per buona parte del Medioevo il territorio fu parte del Contado del Seprio. La prima testimonianza documentale di Castegnate risale al 1045. Si tratta di documento firmato da Enrico III il Nero che conferma ai monaci di S. Dionigi il possesso di vari territori, tra cui quello di Castegnate. In seguito i De Cuticis o Cuttica, figurano come proprietari dei territori di Castegnate in alcuni trattati di pace firmati tra il 1240 e il 1310 durante la guerra tra i Visconti e i Torriani di cui la famiglia Cuttica, Guelfa, era alleata. Con la vittoria definitiva dei Visconti nel 1314 le proprietà di Castegnate vennero tolte ai Cuttica.

Castellanza, invece, costituiva probabilmente una fortificazione costruita presso due paesi denominati Cogorezio e Sponzano e successivamente assorbiti in un'unica entità almeno dal XV secolo. La prima notizia di Castellanza risale al 1361, in una pergamena presso l'archivio di Busto Arsizio relativa a un lascito testamentario di una rendita a un prete che vi risiede.

Nel 1572 si ha traccia della visita di San Carlo Borromeo a Castellanza, facente parte della pieve di Busto Arsizio che riporta l'esistenza di cinque chiese: San Giulio, San Simeone, Santo Stefano, San Giorgio e San Bernardo. Nel 1603 gli abitanti adulti di Castellanza erano 475 e la fonte di reddito prevalente era l'agricoltura, frumento e vite. La peste colpì duramente Castellanza nel 1630, sopravvissero solo 500 anime alla catastrofe. La cappella dedicata a Santa Liberata testimonia l'avvenuta liberazione dall'epidemia. La cappella sorge in Castegnate in un terreno già di proprietà dei marchesi Daverio che contribuirono anche a finanziarne la costruzione. Nel 1691 il feudo di Castegnate venne venduto dai governatori spagnoli a Simone Daverio, sposato con Angela Cuttica. Nel 1753 Giovanni Battista Daverio dovette però rinunciare al fondo che venne poi rivenduto a Francesco Guaita nel 1755. Sempre nel 1691 Castellanza venne acquistata da Giovanni Battista Crivelli e al termine della discendenza del feudo venne investito, nel 1748, il marchese Carlo Cornaggia. Alla fine del XVIII secolo viene edificato il Palazzo Brambilla, sede del municipio dal 1921.

Nel 1845 sorge il Cotonificio Cantoni, cui seguirono Cotonificio Francesco Turati (1875) e l'industria meccanica Pomini (1886). Nel 1888, la ditta Turati è rilevata dalla Manifattura Tosi, che, in località Garottola, costruisce un secondo stabilimento adibito al candeggio. Un nuovo Comune fu costituito il 1º maggio 1869 tramite la fusione dei comuni di Castellanza e Castegnate Olona, in rappresentanza delle comunità che risiedono sui due versanti del fiume Olona. L'attuale stemma rappresenta questa fusione: un ponte a cavallo del fiume Olona separa la torre (simbolo del borgo di Castellanza) dall'albero di castagno (simbolo del borgo di Castegnate). Ad inizio XX secolo la cittadina è ormai un affermato centro industriale, con numerosi opifici che richiamano manodopera anche dai paesi confinanti e non solo: la Pomini da attività artigianale si trasforma in grande industria con un nuovo stabilimento vicino alla stazione ferroviaria; sull'altro lato dei binari sorge nel 1900 lo stabilimento chimico Ignazio Siles, che cambierà più volte nome sino a divenire nel 1928 Montecatini, con vari ampliamenti; tra il 1902 ed il 1905 viene ricostruito ed ampliato il Cotonificio Cantoni mentre nel 1904 è inaugurata la nuova centrale termoelettrica della "Società Lombarda". Nel 1906 sorge la Tintoria Cerini.

Nel Secondo dopoguerra le attività industriali si moltiplicano, con la totale ricostruzione della Montecatini nei primi anni sessanta, che diviene Montedison, giungendo a dare lavoro a oltre 1200 operai, e la nascita della meccanica CRM (1950).

A Castellanza è stato aperto il primo ipermercato in Italia, costruito dalla Standa-Montedison nel 1971.

La crisi dell'industria causata dalla concorrenza dei paesi dell'Europa orientale, iniziata negli anni settanta, mette in ginocchio il sistema industriale locale: chiudono i battenti la Manifattura Tosi (1973) ed il Cotonificio Cantoni (1984); la Pomini riduce gli occupati da 1016 a circa 200 e si trasferisce in un nuovo stabilimento in periferia, abbandonando quello vecchio che viene demolito negli anni novanta; la Montedison, spartita tra industrie minori, chiude progressivamente gli impianti sino a ridurre gli operai ad un centinaio. Ad oggi, eccettuate Pomini ed ex Montedison fortemente ridimensionate, le uniche industrie storiche ancora attive nelle loro antiche sedi sono la Cerini (ribattezzata PEPLOS) e la CRM.

Il 14 ottobre 1991 nell'area dell'ex-cotonificio Cantoni viene insediata l'Università Carlo Cattaneo - LIUC, promossa dall'Unione Industriali della Provincia di Varese.

Caratteristica per il recupero di edifici storici industriali è l'Università Carlo Cattaneo che ha riutilizzato gli edifici dell'ex-filatura Cantoni, in un'area coperta di 68.000 m², ed occupa anche un vasto parco aperto al pubblico di 26.000 m² nel cuore della città. Il progetto di tale recupero è stato firmato dall'architetto Aldo Rossi.

Altre testimonianze di archeologia industriale a Castellanza sono:

l'ex Cotonificio Cantoni, fondato nel 1845, riedificato nel 1902-1905 ed ampliato sino al 1930 (data a cui risalgono le costruzioni attuali) suddiviso in due parti: la monumentale filatura con gli edifici circostanti, già restaurata nel periodo 1989-1991 e ora sede della LIUC (in tutto il 60-70% circa degli edifici) e l'ex reparto tessitura, composto da una schiera di capannoni "shed" più alcuni altri edifici, abbandonato dal 1988 ed in stato di gravissimo degrado;
l'ex Centrale Termoelettrica della Società "Lombarda", costruita nel 1904, che ha cessato l'attività nel 1961 ed è divenuta sede di uffici della società e centralina di smistamento ENEL, abbandonata dal 2004; in base alla bozza del PGT, è stata inserita nella lista dei beni storico-artistico-monumentale da tutelare e ne è previsto il restauro e il riutilizzo come albergo e residence a tutt'oggi risulta occupata abusivamente;
l'ex tintoria tessuti della Manifattura Tosi, fondata nel 1888, chiusa nel 1973 e demolita quasi completamente nel 1995-1996; l'unico grande capannone rimasto è divenuto sede, nel 2003, della Biblioteca e del Centro civico;
l'ex candeggio della Manifattura Tosi, rilevato dopo il 1973 dall'opificio Castellanza & Borri ed ora abbandonato;
l'ex Tintoria Cerini, ora fabbrica tessile PEPLOS, tuttora attiva ed abbastanza ben conservata;
Negli anni novanta è avvenuta la demolizione dell'ex stabilimento meccanico Pomini, risalente a inizio Novecento. L'intervento di recupero di edifici industriali dismessi che si affacciano lungo il fiume Olona, è ancora in corso nell'ambito di un programma di riqualificazione del lungofiume; tale programma ha avuto nuovo impulso dall'ex-sindaco Livio Frigoli nella seconda metà degli anni novanta. Nel novembre 2008, dall'Amministrazione Farisoglio è stata presentata una proposta di Piano Integrato di Intervento relativo all'ex centrale termoelettrica, che prevede il recupero dei due edifici storicamente rilevanti (29.000 m²) come albergo, residence e centro congressi, e l'abbattimento degli altri stabili con destinazione a residenziale (15.000 m²) e verde pubblico (26.000 m²)..
Il Museo Pagani è dotato di sale per mostre temporanee di pittura, di spazi per esposizioni di sculture, che servono ad arricchire costantemente il museo di nuove opere significative, e di un teatro che è sempre stato ed è utilizzato per molteplici attività: spettacoli musicali e teatrali, incontri e manifestazioni culturali.
Il Museo Pagani sorge su un'area boschiva al confine con la città di Legnano. Il museo si presenta come un vasto parco, circa 30.000 mq, una vera oasi artistica, in cui sono collocate circa seicento opere tra sculture e mosaici, realizzate con materiali più diversi: marmo, pietra, bronzo, ferro, acciaio, legno, vetro, etc. Questa raccolta può essere definita unica nel suo genere, sia per il numero di opere che vi hanno trovato sistemazione, sia per la notorietà degli artisti italiani e stranieri rappresentati, "JEAN ARP, HANS RICHTER, MAURO REGGIANI, GASTON CAISSAC" sia per la vastità dell'area e soprattutto, per il fatto che è esposta "en plein air". L'idea che ha ispirato il suo creatore, Enzo Pagani è stata quella di portare le opere d'arte all'aperto, come spesso fecero gli antichi greci, al contatto diretto con la natura, a respirare aria libera.
Pagani dichiarò in un'intervista: "Nel 1957 mi trovavo a Venezia, a Torcello, e con me c'era Hemingway il più delle volte finito di mangiare, mi sedevo sulla grande terrazza del Cipriani che allora era solo una trattoria, con la coda dell'occhio vedevo l'isola di Torcello: se la sì guarda non è altro in fondo che un museo vivente. Mi è venuta così l'idea di creare un museo che non fosse solo una statica raccolta di opere d'arte, ma una creatura viva che cresce con noi...."
Per assicurare fluidità ad ogni possibile espansione fu scelto come elemento base del disegno del progetto un reticolo di esagoni, in grado di offrire massima libertà nelle collocazioni delle opere.

Il Palazzo Brambilla è la sede dell'amministrazione comunale. Nel 1789 il figlio di Gerolamo Carminati, Cesare, commissionò all’architetto Leopoldo Pollack, allievo e collaboratore del Piermarini, il progetto per l’edificazione di un nuovo e grandioso palazzo. Il grande complesso a cui collaborò anche il figlio Giuseppe, ha forme severe e razionali, caratteristiche del gusto neoclassico, e si presenta articolato in più edifici. Il progetto ripropone lo schema a U, ben noto nell’edilizia civile lombarda fin dal XVII secolo, caratterizzato da un corpo centrale arretrato rispetto alla strada principale e più alto rispetto ai corpi laterali delle ali avanzate.
L’apparente semplicità ed austerità rivela, al contrario, l’attentissimo studio prospettico del Pollack, che utilizza le differenti altezze dei corpi di fabbrica, le cornici marcapiano e sottogronda come linee di fuga ideali rispetto al centro reale della facciata principale.
L’effetto ottico così ottenuto consente di annullare le differenze di quote delle linee orizzontali (tetto, cornici) le quali, dalla strada, sembrano essere poste tutte allo stesso livello senza soluzione di continuità tra i corpi.

Alla fine del XIX secolo il palazzo passo di proprietà del conte Cesare Brambilla, famiglia di industriali milanesi, che in Castellanza avevano numerose proprietà.
Negli anni immediatamente successivi alla prima guerra mondiale, ed esattamente nel 1920, l’Amministrazione Comunale di Castellanza prese in esame la possibilità di acquistare dalla Nobile Casa Brambilla, messa all’asta al prezzo di 600 mila lire. Dopo attenta analisi l’Amministrazione Comunale decise di procedere all’acquisto con una controfferta pari a 375 mila lire. L’acquisto, eccessivo per le finanze comunali, fu reso possibile grazie all’apporto economico dei rappresentanti delle principali ditte cittadine e precisamente i sigg. Soldini, Cantoni, Pomini e Binda. Finalmente nel 1921, grazie al prestito ricevuto, il signor Sindaco Ponchiroli Glocester sottoscrisse il contratto di compravendita con il conte Cesare Brambilla unitamente ai fautori del prestito stipulato.

All'interno del palazzo troviamo "Il giuramento di Pontida" che è una grande tela ottocentesca di metri 6 X 4 del "Giuramento di Pontida" del pittore Giuseppe Castellani (Pesaro 1811-1891).

L'arco della Pispitia costruito nel 1764 e quattro dei sei platani della stessa epoca che accoglievano i visitatori che provenivano dalla Saronnese si trovano tuttora con la loro maestosità in un ampio parco che oggi ospita le Scuole Medie. In fondo al parco, oggi interrotto dalle costruzioni edilizie, si trova tuttora la Villa Piola-Daverio che per la sua pregevole architettura è tra le più belle ville italiane.

Spettacoli e feste di tipo culturale e non, si tengono spesso alla "Corte del ciliegio" voluta non molti anni addietro dall'Amministrazione Comunale, in un'oasi di verde attorniata da un corridoio coperto a colonne e servito da un ristorante.
 
La chiesa di san Giulio è in stile romanico-lombardo e si affaccia su una grande piazza nel centro di Castellanza.

Proseguendo sulla strada del Sempione, oltre l'ex passaggio a livello delle Ferrovie Nord, vediamo la cappella del Visconte Cerini, con la sua cupola tondeggiante ricorda la presenza del Cimitero di Castellanza del quale è diventata quasi un emblema.

Nel 1937 il Visconte Cavaliere Dottor Leonardo Cerini assegnò l’incarico di costruire un’edicola funeraria per la sua famiglia nel cimitero di Castellanza.
La scelta del sito cadde verso l’angolo sud-est dove ancora oggi è visibile
la sua imponenza transitando sulla strada del Sempione.
Gli scavi iniziarono nel 1938 e l’opera fu ultimata nel 1939.
Per la costruzione, oltre alla pietra chiamata “trachite” dei Colli Euganei, sono stati utilizzati marmi pregiati e bronzi; parecchie sono le decorazioni e le sculture, opere di artisti.
La struttura ospita 40 vani per colombari e 6 celle per le urne cinerarie.

La cappella di San carlo è la più antica testimonianza lasciata a Castellanza, località Castegnate, dai nobili Borromeo esponenti della potente finanza fiorentina.
Agli inizi del Quattrocento si stabilirono a Milano dove furono accolti nella Corte Ducale Viscontea prima, e Sforzesca poi, ricoprendo importanti cariche. Riuscirono ad accumulare un vasto patrimonio territoriale che spaziava dalla pianura novarese alle zone circostanti il Lago Maggiore e d’Orta e a parecchie valli alpine. Nelle file di questa nobile famiglia, non mancarono alte cariche ecclesiastiche, come quella del cardinale Carlo Borromeo che nacque ad Arona nel 1538. Dopo essersi laureato, lo zio Pontefice Pio IV lo volle a Roma, dove ricoprì importanti cariche. Nel 1565 entrò come arcivescovo in Milano, che si trovava sotto la dominazione spagnola. Per combattere il malcostume dilagante, Carlo lavorò con grandissimo impegno alla ricostruzione morale e amministrativa della vasta diocesi. Numerose furono le visite pastorali per conoscere lo stato della vita religiosa e sociale in tutte le realtà della Diocesi. Nel 1582 il Borromeo visitò la Pieve di Olgiate Olona di cui faceva parte anche Castellanza e constatata la grave decadenza, ne ordinò la traslazione a Busto Arsizio. Proprio a Castellanza i Borromeo, verso la fine del Quattrocento, avevano costruito un palazzo dove fare tappa durante i numerosi spostamenti da Milano al Lago Maggiore. All’interno della costruzione si trovava una cappella che con il tempo è stata dedicata a San Carlo, canonizzato nel 1610.
All’inizio del Settecento il palazzo fu acquistato dai nobili Cuttica e successivamente dai nobili Bossi. Nel 1802 la famiglia Clerici di Rovellasca acquistò il complesso della Corte dell’Orologio che il discendente don Antonio Clerici –sacerdote a Castellanza- lasciò in eredità alla Parrocchia di San Giulio. Attualmente la proprietà è del Comune di Castellanza che ha provveduto al restauro della cappella di San Carlo nel 2009. La cappella oggi conserva il soffitto settecentesco a cassettoni dipinti e ospita dal 2010 il Museo Didattico Archeologico, in cui sono esposte ricostruzioni e oggetti riferiti alle antiche presenze nel territorio.
 
La Chiesa della Sacra Famiglia è stata demolita per esigenze urbanistiche e della quale è rimasto solo il campanile.

La chiesa sussidiaria della Sacra Famiglia di via Cardinal Ferrari sorge per volontà e progetto del Parroco di San Giulio don Giovanni Battista Bettinelli nel 1898 con la benedizione del Cardinale Andrea Ferrari.
La chiesa è a croce latina, ha tre navate con tre altari e alcune statue in gesso.
Ai lati sono ubicati due Oratori:quello maschile dedicato a San Giuseppe e
quello femminile dedicato a Maria Ausiliatrice. Ci sono anche gli alloggi per le
Suore e per il Sacerdote Assistente.
La chiesa è stata costruita con materiali poveri con l’aiuto del lavoro e dei contributi dei poveri abitanti del luogo. Nel 1905 termina la costruzione del campanile progettato dall’ingegnere Luigi Prandoni e due anni dopo vengono poste tre nuove campanelle che nel 1928 saranno trasferite nel campanilino
della cappella della Madonna di Caravaggio adiacente alla Parrocchiale di San Giulio.
Nel campanile della chiesa della Sacra Famiglia vengono poi posizionate 5 campane provenienti dal demolito campanile della Chiesa di San Giulio. Nel 1959 viene preparato un campo di calcio a disposizione dell’Oratorio San Giuseppe.La costruzione nel 1971 della nuova Parrocchia di San Bernardo in Castegnate e successivamente del nuovo adiacente Oratorio in via San Camillo ha come conseguenza nel 1977 il trasferimento dell’oratorio San Giuseppe nell’edificio di via San Camillo. Nel 1983 viene demolita la vecchia chiesa della Sacra Famiglia tranne il campanile e nel 1985 è inaugurata la nuova chiesa della Sacra Famiglia progettata dall’architetto Cerruti e sarà utilizzata anche dagli ospiti della vicina casa di Riposo Giulio Moroni.
Il campanile sarà poi ristrutturato dal Comune ed ospiterà le due campanelle tolte dalla demolita chiesa di San Bernardo di piazza Castegnate. Nel 2005 anche l’Oratorio femminile viene trasferito in via San Camillo.
 
Conosciuta come “Villa Pomini”, dal nome del proprietario d’origine, Ottorino Pomini, “La Lombardesca” fu costruita nel 1919 dall’impresa edile “Rampinini” di Castellanza, su progetto dello stesso Ottorino.
Le sue forme architettoniche sono riferibili al tardo Eclettismo, sviluppatosi nella seconda metà dell’Ottocento. Immerso in un’area di circa 5300 mq sistemata a parco, l’edificio è disposto su quattro livelli fuori terra e un seminterrato; le facciate sono in muratura di mattoni a vista, con parti ad intonaco decorato. Suggestivi la torretta, elemento caratterizzante questo tipo di costruzioni, ed il porticato di accesso alla villa.
Nel 1982 Luciano Ottorino Pomini, figlio del primo proprietario, propose al Comune di Castellanza la cessione della villa. Nella seduta del 28 maggio 1983 il Consiglio Comunale ne approvò l’acquisto ad una cifra simbolica, assumendosi però un impegno preciso, richiesto espressamente dal proprietario: trasformare Villa Pomini in un centro culturale vivace ed animato, aperto a tutti i cittadini.
Attualmente in una parte della Villa Pomini, ha sede la Scuola di Musica e Accademia di perfezionamento musicale “Città di Castellanza”.

La "Cappella dell'Addolorata" chiamata dagli abitanti di Castellanza "Madonnina" ebbe le origini nella seconda metà del XIX Secolo.
Avvenne in quel tempo che la figlia del Barone Costanzo Cantoni, durante un percorso a cavallo sul sentiero boscoso verso Nizzolina, fu disarcionata dal suo destriero che s'impennò bruscamente; la giovane, pur nella rovinosa caduta, rimase incolume. L'aver invocato la Vergine Addolorata durante l'incidente convinse la fanciulla ad attribuire la sua miracolosa salvezza alla Madonna. Proprio per questo motivo come ringraziamento e a ricordo del lo scampato pericolo fece costruire un'icona che conteneva   un quadro della Vergine Addolorata e la fece sistemare su un albero nel luogo dell'incidente.
Con il tempo la grande devozione popolare alla "Madonnina" portò alla decisione di costruire una Cappelletta con un piccolo altare sopra il quale si trova tuttora il quadro con il dipinto originale. La Cappella è sempre stata accudita con periodiche manutenzioni e oggi si trova in discrete condizioni.

La comunità camilliana di Castellanza nata 45 anni fa come struttura di formazione per i candidati alla Vita Religiosa e al Sacerdozio, nel 1990 chiudeva il Seminario. Al termine di quell’esperienza, ciò che maggiormente stava a cuore, era far nascere una presenza significativa per un aiuto e una crescita della Pastorale della Salute, dentro la Chiesa e dentro il territorio.

La Cappella dell'Immacolata di via Roma era dedicata in origine a San Pietro Martire che visse dal 1203 al 1252. Nata dalla pietà di alcuni privati, fu in seguito lasciata cadere in stato rovinoso.
Nel 1848 il Comune di Castellanza, per festeggiare   la   cacciata degli Austriaci decise di restaurare la vecchia cappella e di dedicarla, visto i fatti storici al Cristo Redentore. Il progetto fu affidato all'ingegner Brivio Giuseppe ma, a causa della sconfitta della 2° Guerra d'Indipendenza del 1849, i lavori furono sospesi.
Nel 1850 l'opera riprese con l'appaltatore Giovanni Rosa. All'interno le decorazioni furono eseguite dal pittore Nerbini-Furer e fu deciso di dipingere la pala dell'Immacolata poiché in quel tempo fecero molta eco le apparizioni della Madonna di Lourdes. Da quel momento la Cappella fu denominata "Cappella Dell'Immacolata".
Delle varie ristrutturazioni è da ricordare quella del 1915, quando la Cappella, chiamata "Cappella Azimonti" per le omonime vicine proprietà, fu arricchita di una bella statua benedetta dell'Immacolata voluta dal Sindaco Egidio Pomini e dal Parroco Martinoli.
Altro restauro importante fu quello del 1969: in quell'occasione fu tolto il cancello e sostituito con una vetrata e una porta in ferro battuto, fu rifatto l'altare e sopra la nicchia fu collocata una M sormontata da una croce.
Nel 1997 furono restaurati gli affreschi e nel 1998 è stato effettuato un intervento sulla vetrata con l'aggiunta di una lunetta con "L'Occhio Divino"ed altri lavori di messa a norma e abbellimento con finanziamento offerto dalla Cariplo.
E' doveroso ricordare un fatto suggestivo legato al culto popolare raccontato spesso dalle persone anziane nel secolo scorso. All'inizio del 1900 un toro pericoloso fuggi' in paese seminando terrore nella popolazione. Fu invocata l'Immacolata e poco dopo l'animale fu ritrovato accosciato e mansueto davanti alla Cappella della Vergine.
La Cappella dell'Immacolata si presenta attualmente come un edificio a pianta quadrata con lesene in stile ionico, costruito secondo i canoni dell'arte classica. Oltre alla statua dell'immacolata ci sono due quadri:uno che rappresenta Sant'Anna con la Vergine Bambina e l'altro con San Giulio. Il soffitto è decorato con cornici che includono la scrittura di alcune litanie dedicate alla Madonna.

La Cappella di San Gervaso e Protaso è posta sul confine tra Olgiate Olona e Castellanza fu menzionata da Goffredo da Bussero (scrittore storico) il quale asserì che nel XIII Secolo era dedicata solo a San Protaso. Fu successivamente menzionata da San Carlo Borromeo durante la Sua visita pastorale avvenuta in Olgiate Olona il 18 febbraio 1582 e da lui descritta come "Oratorio campestre dei Santi Gervaso e Protaso".
L' accostamento dei due Santi fatto da San Carlo ha indotto il relatore della visita a dedicare la Cappella ad entrambi e probabilmente lì erano già state portate le reliquie che furono rinvenute da Sant'Ambrogio nel lontano 386.
Il 21 luglio 1586 l'Arcivescovo Gasparre Visconti visitò la parrocchia di Olgiate Olona e relazionò che la chiesetta campestre dei Santi Gervaso e Protaso situata presso il villaggio era in stato di grave decadimento essendo senza tetto e senza altare.
Nel 1597 Monsignor Aurelio Averoldo, constatata la situazione precaria della cappella, ordinò che l'oratorio di san Gervaso e Protaso, non avendo fondi per il restauro, dovesse essere demolito e il relativo materiale fosse recuperato per la parrocchia di Olgiate Olona. Anche il Cardinale Federico Borromeo nel 1604 e Monsignor Andrea Bassi nel 1641 avallarono le disposizioni di Monsignor Averoldo.
Nel 1666 un Canonico milanese - Don Onofrio Rossi - avanzò pretese di proprietà sulla cappella, ma il fatto decadde in quanto fu stabilito che il possessore fosse unicamente il popolo olgiatese che si era mantenuto fedele alla tradizione con processioni ricorrenti in onore dei due Santi.
Per parecchio tempo non risultano altre notizie come se fosse stata completamente dimenticata dagli stessi abitanti probabilmente per il fatto che si trovasse al confine estremo del paese.
All'inizio del XX Secolo , con la definizione dei confini, si stabilì che la Cappella da quel momento sarebbe appartenuta alla confinante Castellanza. Si decise quindi di effettuare il restauro con la collaborazione degli abitanti sia di Castellanza che di di Olgiate Olona.
Oggi è denominata 'Tabernacolo o 'Cappelletta', ha forma quadrata con il lato che misura due metri con alle due pareti interne i quadri dei Santi Gervaso e Protaso che sostituiscono le vecchie pitture murali ormai scomparse  e un bel dipinto della Vergine di Caravaggio eseguito da Biagio Bellotti sopra l'altare.

La Cappella di Santa Liberata la  cui Santa che è dedicata la Cappella nacque nel lontano 550 (circa) nella Rocca Di Olgisio a Pianello Val Tidone in provincia di Piacenza. Il nome Liberata derivava dal fatto che i genitori si sentirono liberati dal dispiacere di non aver potuto avere figli per tanti anni. La futura Santa, crescendo in armonia con la sorella Faustina di due anni minore e anch'ella in seguito santificata, ben presto si staccò dalla famiglia e fondò il convento di Santa Margherita a Como dove scelse la regola benedettina. Alla fine di una vita di carità e disponibilità verso il prossimo Liberata morì poco più che quarantenne seguita dopo pochi giorni dalla sorella Faustina che l'aveva affiancata durante tutta la vita di apostolato. Ciò avveniva nel gennaio 593.
Alcune reliquie oggi oggi si trovano nella Basilica Cattedrale di Como nel cui Altare Maggiore furono depositate nel gennaio 1317 dal Vescovo Lambertenghi.
Il culto della Santa, nel corso dei secoli, si propagò in varie parti d'Italia - da ricordare in particolare la chiesa eretta nel 1336 a Cerreto Guidi presso Firenze in onore di Liberata e Faustina - e così fu anche per la nostra Castegnate dove oltre alla Cappella esiste anche una via con lo stesso nome.
La settecentesca cappella dedicata a Santa Liberata è stata costruita su un territorio
di proprietà dei nobili Cuttica nella seconda metà del 1700, in quanto non indicata
nell' elenco dei beni di 2° stazione del 1751.
Ciò è confermato anche dal periodo in cui visse Biagio Bellotti (1714-1789) il pittore a cui sono stati attribuiti gli affreschi originali che decoravano la cappella, prima della ristrutturazione del 1950.
A Castegnate, come in molte località dell' Italia settentrionale Santa Liberata, venerata come protettrice delle puerpere, delle nutrici e dei bambini, è spesso raffigurata con in braccio due neonati in fasce, due testimonianze per la sua protezione contro i pericoli del parto e della mortalità infantile. E' per rinnovare questa protezione che verosimilmente la comunità di Castegnate ha eretto la cappella in momenti in cui la mortalità delle puerpere e dei bambini era elevata.
La devozione a Santa Liberata è ancora viva a Castellanza dove la Santa è anche invocata per chiedere la Sua protezione dai mali della società moderna e l' aiuto per sopportare le avversità.
Nella Cappella di via Santa Liberata che guarda la valle dell' Olona la Santa è rappresentata con un mosaico che ce la mostra vestita da monaca benedettina illuminata da un raggio che vuole ricordare la sua vita illuminata dalla grazia, il giglio che vi è raffigurato ricorda invece la Sua verginità.
Il bozzetto è di Sante Pizzol e la realizzazione di Daniele Boreatti.
Ogni 18 gennaio in onore della Santa la Cappella viene aperta alla popolazione
che partecipa numerosa a una funzione religiosa.

Da una ricerca effettuata nel 2011 risulta che la Cappella del Crocifisso di via Cantoni inizialmente fosse dedicata a San Teodoro. Il dipinto del Crocifisso che ancora oggi si può ammirare si trovava in origine su un muro esterno poco distante dal punto dove oggi è situata la cappella.
I proprietari di allora, i Conti Fagnani, vendettero i loro possedimenti ai Conti Arese, i quali nel 1886 rimossero il dipinto e lo collocarono nella cappellina in cui tuttora si trova. Furono decorate le pareti interne e la volta e fu eretto un altare lineare sormontato dal dipinto del Crocifisso con ai lati la Santa Vergine e l'Apostolo San Giovanni.
Nel 1921 alcuni malviventi arrecarono oltraggio al Crocifisso con uno sfregio durante un'incursione notturna allo scopo di impossessarsi della bussola delle offerte. Questo fatto suscitò un grande sgomento in tutta la popolazione.
Nel 1972 fu eseguito un restauro a ricordo del quale è stata posta una targhetta sulla parete interna.
Ulteriore restauro fu effettuato nel 1991 da Silvia Vignati dietro richiesta dei contradaioli di Via Cantoni e del 'Riun d'insù'.

La chiesa di San Bernardo si trova in Castegnate, il cosiddetto "Rione in Giò". L'odierna chiesa, dedicata a San Bernardo, fu costruita a partire dal 1958 e divenne parrocchia nel 1971. Una precedente chiesa dedicata allo stesso patrono venne demolita nel 1953, perché gravemente danneggiata dallo straripamento del fiume, come ricorda una stele marmorea posta in piazza Castegnate. Il 20 agosto di ogni anno viene celebrata la festa di San Bernardo, considerata dagli abitanti 'festa patronale' e non semplice parrocchiale.

Negli anni la città ha saputo conservare ampi spazi verdi che rappresentano oggi un prezioso polmone verde.Un polmone che, grazie ai considerevoli interventi effettuati negli ultimi decenni, raggiunge i 202.415 mq. Ciò significa circa 14,00 mq di verde attrezzato per abitante rapportato al numero di abitanti.

Una cifra largamente superiore non solo alla media provinciale, ma anche a quella di tutti i Comuni limitrofi della provincia.

Se a ciò aggiungiamo la parte del Parco Alto Milanese (che è area attrezzata) che rientra nel territorio del comune di Castellanza, arriviamo ad un totale di 728.670 mq. di aree attrezzate a verde pubblico, pari a quasi 50 mq. per abitante.

Il palio delle contrade si disputava tra le due contrade tradizionali di In Su (Castellanza) e In Giò (Castegnate). Iniziato negli ultimi anni trenta, cimentava gli atleti delle due contrade, in incontri di calcio, corse di ciclismo, gare di atletica e marcia. I sostenitori delle due compagini seguivano le gare con grande passione che sconfinava spesso in baruffe molto accese. Sospeso per la guerra riprese alla fine degli anni quaranta per l'opera di alcuni appassionati primo fra tutti Ermanno Raimondi, giornalista e organizzatore sportivo, e si disputò per diversi anni sino alla scomparsa del suo animatore negli anni ottanta; riprese poi nel 1997 e in seguito saltuariamente sino ai primi anni del 2000.

La prima edizione del Palio di Castellanza è stata disputata il 5 e il 6 giugno 2010. La città è stata divisa in otto contrade - San Bernardo, San Carlo, San Giorgio, San Giovanni, San Giulio, San Simeone, Santa Liberata, Santo Stefano - che si ispirano alle chiese dei santi Giulio, Simeone, Stefano (campestre), Giorgio (campestre), Bernardo e alle due cappelle votive di San Carlo e Santa Liberata, presenti sul territorio e testimoniate in documenti storici del secolo XVI. La chiesa di San Giovanni evangelista è definita come diroccata e forse sconsacrata. Il palio di Castellanza non è una manifestazione agonistica.

Il Corpo Musicale Santa Cecilia ha le sue origini nel 1904 su iniziativa di don Luigi Testori, un giovane assistente dell'Oratorio San Giuseppe che mise insieme alcuni ragazzi amanti della musica, e impartì loro i primi rudimenti di cultura musicale. In breve tempo la Banda si affermò come una presenza importante di diffusione della musica nelle cerimonie civili e religiose oltre che nell'attività concertistica. I musicanti sono oggi in numero di 50 e oltre perché i ragazzi desiderosi di suonare uno strumento aumentano sempre.- Molti sono i clarinetti, flauti, sassofoni e altri strumenti che insieme raggruppandosi formano questa meravigliosa banda che anima le principali feste del paese.

La prima scuola pubblica di Castellanza è quella costruita nel 1884 in via Cantoni, coesistente nello stesso edificio con la sede municipale e ampliata quando il comune si trasferì nel 1921 in Palazzo Brambilla. Dedicata ad Alessandro Manzoni nel 1954, venne trasformata in casa di riposo perché la nuova scuola primaria era stata costruita nel 1952 in via Veneto. Una seconda scuola primaria intitolata ad Edmondo De Amicis nacque nel 1923 a Castegnate. Ampliata nel 1958 fu quasi totalmente ristrutturata nel 1973. Nel 1955 si costruisce la scuola privata "Istituto Maria Ausiliatrice" in via Cardinal Ferrari (ampliata nel 1972). È presente inoltre un'altra scuola dell'Opera Nazionale Montessori "Nido Casa dei bambini Elementare "Maria Montessori" ". La scuola secondaria di primo grado "Leonardo Da Vinci", sita in via dei Platani, fu costruita nel 1963 e ampliata nel 1971.

Persone legate a Castellanza:
Paola Antonia Negri (1508-1555)
Marco Simone (n. 1969), ex calciatore, attuale consulente per il mercato del Monaco. Nato a Castellanza, ha vinto con il Milan 4 scudetti, 2 Coppe dei Campioni, 2 Coppe del Mondo per club, 3 Supercoppe europee e 3 Supercoppe italiane. Con il Monaco ha conquistato un Campionato francese. Al Paris Saint-Germain ha vinto una Coppa di Francia e una Coppa di Lega.
Luca Gianazza (n. 1974), storico e numismatico italiano.
Matteo Colaone (n.1979), storico e politico.
Alessandro Giani (n. 1978), Creatore della prima BBS (Bulletin board system) di Castellanza con ponte su internet.
Dal 2007 sono state istituite le civiche benemerenze, assegnate fino ad oggi a:

2007: dottor Silvio Prandoni, medico missionario in Kenya dove 30 anni fa ha fondato l'ospadale di Wamba;
2007: i volontari di Solidarietà Famigliare, associazione castellanzese che si occupa dell'assistenza e della cura di disabili e persone svantaggiate;
2008: Giancarlo Pozzi, artista;
2008: Corpo Musicale Santa Cecilia;
2009: Sezione "G. Moroni" Avis;
2009: Luca Gianazza, studioso di numismatica italiana;
2009: Carlo Uboldi, industriale.
2010: Lino Rossini, Musicista di fama nazionale




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