lunedì 17 agosto 2015

MONTICELLI BRUSATI



Monticelli Brusati è un comune della in Franciacorta.

Fino al XIII secolo era chiamato Monticellis. Il toponimo è un diminutivo di "monte", che non veniva utilizzato solo per indicare le cime delle montagne, ma anche un rilievo di collina. La specificazione si riferisce ad un antico casato della città di Brescia, l'antica famiglia nobiliare dei Brusati. La figura più nota della famiglia è quella di Tebaldo Brusati, duca di Vallecamonica, guelfo che cacciò gli avversari ghibellini da Brescia e ne fu proclamato Signore. Nell'elenco degli appartenenti a questa antica famiglia, risulta l'attributo "de Monticelli" già nel 1116, accanto al nome di Giovanni Brusati. Egli venedette alla città di Bergamo i castelli di Volpino, Ceretello e Onalino, avuti in feudo, scatenando feroci scontri che coinvolsero le città di Brescia e Bergamo per tutta l'epoca comunale.

Il territorio si estende alla destra del torrente Gandovere ed è caratterizzato da una serie di colline moreniche che separano il bacino meridionale del Sebino dalla bassa Valtrompia. La superficie complessiva è di 10,73 km² di cui una parte adibita ad area residenziale e produttiva ed il resto a coperture vegetali.La zona è ricca di sorgenti, tra cui quelle di Calchera e Fontana. Inoltre, molto suggestiva, la sorgente di Gaina con le sue cascatelle, i due pozzi di Via Europa che attingono acqua sotterranea e il torrente Valle che parte da Polaveno, attraversa Gaina, costeggia la zona industriale e si getta nel Gandovere.

Le colline moreniche che racchiudono l'attuale Comune di Monticelli Brusati furono plasmate da un ghiacciaio nell'era quaternaria: il territorio risulta così formato da rocce di antichissima origine calcarea e da materiali alluvionali di diverso tipo. Terreno adattissimo dunque alla viticoltura.

La sua storia è strettamente legata a quella della nobile famiglia dei Brusati, cui va chiaramente ricondotta la seconda parte del nome, mentre la prima mette in risalto l'aspetto del territorio. Della nobile casata viene ricordato soprattutto Tebaldo Brusati, che ricoprì cariche prestigiose in più città, tra cui, oltre a Brescia, anche Firenze. Come tipico dell'epoca medioevale, il paese non restò sotto un unico "signore"; decaduta la stirpe dei Brusati, le terre, sul finire del XV secolo, furono divise tra più proprietari bresciani, tra cui si ricordano i Montini, i Bucelleni, i Lodetti, i Foresti, i Negroboni e i Fè d'Ostiani e, al pari dei comuni vicini, non furono sottratte al dominio della Serenissima. In tempi più recenti deve la sua notorietà allo sviluppo di un'eccellente produzione vinicola, per merito dell'intraprendente Luigi Rossetti.

Inserito in una splendida cornice paesaggistica e naturale, il percorso denominato "Valle delle cascate" è raggiungibile attraverso la strada che attraversa la contrada di Gaina, abitato posto nella parte più alta del Comune, sul sentiero che conduceva a Polaveno e, da qui, a Gardone Val Trompia. Meta ogni anno di un notevole numero di visitatori, soprattutto nel periodo estivo, il percorso presenta diversi gradi di difficoltà, per accontentare le diverse esigenze dei visitatori.

Il santuario Madonna della Rosa è ubicato nel punto più panoramico del colle detto Monte della Madonna. Secondo la tradizione popolare il tempio fu edificato sul luogo dove avvenne la miracolosa apparizione della Vergine ad un contadino assetato, al quale indicò la fonte per dissetarsi. Sul luogo dove apparve la Madonna fiorì inoltre un roseto. L'architettura della chiesa richiama strutture simili del XV secolo: presbiterio rettangolare voltato e aula unica con tetto a capanna sorretto da archi trasversi. Al XVI secolo risale la costruzione del campanile e al XVII secolo la realizzazione del protiro antistante l'ingresso e la cappella del lato sud. All'interno sono presenti affreschi realizzati cronologicamente dal XV al XVIII secolo. Nel 1833 le truppe austriache che vi erano accampate dovettero abbandonare il santuario perché l'acqua del pozzo si era esaurita. Una volta allontanati i soldati, pare che l'acqua, come si racconta nella tradizione popolare, sia ritornata alla sua sede naturale.

La chiesa di San Zenone (detta anche "dei morti") è sita in posizione isolata e panoramica sulla estrema propaggine della collina in località Costa (sulla dorsale che dal Monte della Madonna si spinge a sud separando la vallata di Bozze Calchera da quella che sale a Parmezzana). Fu ricostruita nelle forme attuali nel 1713, modificando un edificio già esistente, edificato nel corso del Quattrocento. Un'antica tradizione ritiene che S. Zenone sia stata la prima chiesa parrocchiale del paese. Interessanti affreschi del XV secolo, sopravvissuti alla ristrutturazione settecentesca, sono conservati nella sacrestia. Sotto la zona absidale un vano voltato custodisce i resti delle ossa umane recuperate nel cimitero che un tempo circondava la chiesa quattrocentesca.

La Chiesa Parrocchiale dei Santi Tirso ed Emiliano, o "chiesa nuova" si trova in località Calzana. Venne edificata nel XVIII secolo (1725-1745) secondo i canoni tipici dell'architettura del Settecento, che prevedevano una semplice ma imponente facciata scandita da quattro lesene sorreggenti un coronamento a timpano ed una pianta ad aula unica nella quale si aprono quattro cappelle laterali ed un profondo presbiterio.

L'attuale Sala della Comunità discende dai resti di un edificio sacro più antico, ubicato nel cuore del paese in località Calzana, e conosciuto come "chiesa vecchia". Compare nell'elenco delle chiese della Diocesi di Brescia del 1410 ma la sua fondazione è sicuramente più antica, come è attestato dalla muratura del campanile, ancora visibile sul lato nord dell'edificio (sec. XII-XIII). Probabilmente era ad aula unica poliabsidata, con un ricco apparato decorativo di cui rimangono alcuni affreschi risalenti al XV secolo. Abbandonata per la nuova chiesa (l'attuale Parrocchia dei Santi patroni Tirso ed Emiliano) fu adibita a cantina, teatro ed ora, dopo la decisiva ristrutturazione avvenuta intorno alla fine del XX secolo, a sala riunioni.



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