martedì 1 settembre 2015

MURA

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Mura è un comune bagnato dalle acque del torrente Tovere e appartiene alla Comunità Montana della Valle Sabbia.

La storia di Mura si identifica, per molto tempo, con quella della sua Pieve, rimasta intatta fino al secolo XIV.
Infatti, fino a quel periodo la struttura della Pieve di S. Maria Assunta della Corna rimase un'unità omogenea, pur attraversando tutti gli avvenimenti vissuti dall'istituzione pievana in generale. Ad essa erano sottoposti i borghi del vastissimo territorio che va da Nozza a Lavino, da Alone a Presegno.
Tutta questa zona, chiamata Savallo (Summa Valli, poiché Bagolino era sotto la giurisdizione di Trento), aveva il suo primo centro in Posico.
La scoperta, effettuata proprio in questo borgo nel 1960, di una tomba romana del III-IV secolo d.C., del tipo ad inumazione, formata da otto embrici in cotto, e la famosa lapide romana murata nella finestra settentrionale della parrocchiale sono elementi più che sufficienti a dimostrare che i Romani, con molta probabilità, posero dei veterani a colonizzare questa terra.
Posico fu, d'altronde, la sede del primo comune e in seguito della Universitas di Savallo, attorno alla quale si formarono, poi, gli altri nuclei abitativi di Olsano, Olsenago, Veriano, Breda (Braedium), costituenti un insieme di toponomastica romana, l'unica del vasto Pagus.
Nel territorio di questo Pagus non ci sono altre tracce di romanità: i nomi dei diversi altri centri abitati trovano origine nel latino rustico bassomedioevale e indicano una formazione più recente, così come Mura e altre contrade.
Per interi secoli, la vita religiosa, sociale, economica, giurisdizionale dell'esteso territorio della Summa Vallis (Savallese) ruotò attorno alla Pieve di Mura, che via via venne ridimensionandosi con un progressivo, inarrestabile frazionamento e ricerca d'autonomia della altre comunità o ecclesiae.
Barbaine, comprendente Prato, Livemmo, Avenone, fu sicuramente la prima chiesa a rendersi autonoma, cui fecero seguito quelle di Nozza, Ono, Lavino, Levrange, Comero, Alone, Casto e Malpaga.
Accanto a questa storia religiosa, nel Savallese, non mancò la lotta politica, sia per avvenimenti esterni, legati al tramonto del feudalismo e all'emancipazione comunale, sia per questioni interne, più familiari e concrete.
All'inizio del 1200 la figura di Oberto da Savallo si inserì nel contesto delle lotte scoppiate in città, schierandosi con il vescovo Giovanni Palazzi, che parteggiava per il partito cosiddetto popolare.
Durante una scorreria in città, il guerriero savallese, catturò nobili e nemici dei popolari, traducendoli prigionieri nel castello della valle.
Guidò altre discese a Brescia per soccorrere i capi del partito popolare e, in seguito ad alterne vicende, sempre nel tentativo di dare maggior autonomia alla Valle, finì i suoi giorni, isolato, nel castello di Comero.
L'azione di Oberto si inquadra nel vasto cambiamento in atto in quei tempi. Proprio pochi anni dopo le varie Vicinie si riuniranno in Universitas, dando vita alle prime forme comunali, come nel caso della Universitas Savalli; e della Universitas Comunis Perticae Vallis Sabii.
Dopo Oberto da Savallo, Mura e il Savallese non conobbero più l'influenza feudale dei signori della città, non dovettero pagare le Decime ad altri feudatari valligiani, investiti dai beni di queste terre dai re o dal governatore di Venezia, pur in presenza di legami organizzativi delle vicinie.
Nel 1401 Roberto di Baviera, re di Germania, guidato da Alberghino da Fusio, scese a Brescia. In seguito a ciò, al nobile mercante venne concesso in feudo il Savallese, oltre alle terre di Bione, Odolo, Agnosine, Barghe, la Pertica, Sabbio Chiese, Preseglie, Caino, Lumezzane, con diploma dato a Bolzano il 3 novembre 1401.
Nel 1440, come ricompensa per la fedeltà dimostrata a Venezia da Galvano della Nozza, il nome di Mura ritornerà come parte di un territorio dato a lui in feudo dalla stessa Serenissima, che si era impossessata dell'intera Valle nel 1427.
Interessante, per capire anche l'evoluzione economica del Savallese, la descrizione di Giovanni Da Lezze redatta nel 1609: "Il Commun di Savallo è diviso in quattro Communi, cioè Alone, Comero, Osico, et Mura con alcune contradelle chiamate Posico, Malpaga, Auro, Fameglia, Casto, et Ulsinago, che in tutto possono esser fuoghi in questo Commune n. 700 in c/a et anime 4500 de quali utili c/a 800.
Ha fucine 35 dove si lavora il ferro, come di sopra, fabricandosi delle lamine, et di ogni altra sorte di ferramenta d'Agricoltura, et simili.
Nel qual Commune, terre, et contrade vi si fabricano dei panni bassi al n. di 500 in 600 pezze all'anno de brazza 60 l'una, per il qual effetto vi sono anco cinque folli, che lavorano sopra alcuni fontanoni che nascono in quel commune per folar detti panni; si vendono in 16 gazette il brazzo di color bianco solamente et tanè, nei quali dui essercitj vivono molte persone prevalendosi dette lane di Venetia, et di altre del paese.
Confina con Lodrino di Valtrompia, et molti di questi pratticano a Venetia nel fachinar, et vi sono à ponto a Venetia quattro, o cinque fonteghi di malvasie de quali sono padroni quelli del predetto Commun, et in particolare il sig.r Benetto, et fratelli Soldi, sono ricchi di trecento, et più mille scudi.
Questo Comune si governa sotto la giurisdizione della Valle, et in particolare col suo proprio conseglio, o vicinanza, havendo ogni commune beni proprij, et communali, che per esser beni antichi non è possibil poter discender la sorte di essi, basta che detti Communi godono la gratia et benignità del Prencipe, né s'impone in questo Commune particolarmente alcuna sorte di taglie, o gravezze, ma quelle si pagano di proprie entrate di legna, et molini di raggione di essi, essendoche ogni Commune fà il suo Molin proprio, li affittano, et sono sopra li fontanoni, li quali finiscono in Chies...".
Fra periodi di relativo benessere, pestilenze, carestie, fervori religiosi, ecc., Mura si accompagnò al dominio veneto sino alla fine del 1700, non accettando di buon grado, nonostante il difficile momento economico e fiscale della Serenissima, l'avvento francese.
Nel 1797, con l'annessione della Repubblica Bresciana alla Repubblica Cisalpina, il territorio venne diviso in Dipartimenti, a loro volta suddivisi in Distretti.
Mura, col nome di Savallo, ancora distinta da Posico (che faceva comune a sè), entrò nel Distretto delle Fucine (XV), con Nozza capoluogo.
Dopo il 1806, con il Regno d'Italia, si costituì, fra Mura, Comero, Posico, un unico comune, con centro in Posico: Comune di Posico con Mura e Comero.

Con la disfatta di Napoleone, ritornò il Governo austriaco; Mura venne a far parte del Distretto di Vestone.
I fermenti libertari portati dai Francesi lasciarono molti proseliti nel Savallese, ove si sviluppò una vivace resistenza alle imposizioni austriache.
Il 1859 segnò la data, come per tutta la Valle, di ingresso nel Regno d'Italia e l'arciprete di Mura, pur a malincuore, intonò nella grandiosa chiesa plebana il Te Deum di ringraziamento.
Le elezioni politiche del 1861, nel Collegio elettorale di Salò, riservate ancora a pochissimi, segnarono l'inizio di un nuovo percorso, intessuto di conquiste democratiche e popolari, ma anche corredato da eventi tristi e tristissimi, come il fascismo e la guerra, che tutti conosciamo.

Sia nel capoluogo che nelle frazioni esistono ancora abitazioni signorili sopravvissute alle ristrutturazioni selvagge della seconda metà del ‘900, che testimoniano la ricchezza e il prestigio raggiunto dai suoi abitanti sotto il dominio veneto.
In particolare si ricordano casa Crescini in via Castello e casa Caggioli in piazzetta Cavour nell’abitato di Mura; casa già Guffanti a Veriano; cà de becc (già casa Montini a Olsano e la splendida casa Pilotti (de’ Marchi) a Posico.
Tuttavia gli elementi più importanti del patrimonio storico – artistico del nostro paese sono gli edifici di culto.

Collocata in posizione panoramica poco sopra il paese troviamo l’elegante ed imponente mole della chiesa parrocchiale dedicata alla Vergine Assunta.
La chiesa plebana si offre alla vista come simbolo stesso del ruolo di preminenza che le garantiva la giurisdizione ancora esercitata all’epoca della sua costruzione sul vasto territorio del piviere, che comprendeva oltre a Casto e le sue frazioni, anche le parrocchie delle Pertiche fino a Presegno e Bisenzio.
La chiesa venne edificata per volere dell’arciprete Matteo Travaglioli negli anni tra il 1693 e il 1706; nel 1715 veniva consacrata dal vescovo Barbarigo. Il progetto richiama quelli del Bagnadore per la distrutta chiesa di S. Domenico a Brescia e quello del Lantana per la parrocchiale di Bagolino. La struttura esterna si slancia leggera, grazie soprattutto all’alternarsi di chiari e di scuri, data dagli arconi che smuovono le superfici, alla presenza degli eleganti portichetti laterali e all’armonia compositiva di tutto l’insieme.
La facciata pulita e lineare è scandita da paraste. Nella parete nord-est della costruzione troviamo l’elegante struttura della torre campanaria. Essa venne realizzata nelle forme attuali tra il 1796 e il 1809, anno in cui fu approntato il castello delle campane.
L’interno si presenta luminoso ed elegante, scandito dalle otto cappelle laterali e da lesene sormontate da capitelli corinzi. La decorazione della volta con i tre grandi medaglioni raffiguranti l’Incoronazione della Vergine, l’Adorazione dei pastori e quella dei Magi fu realizzata nei primi anni del XVIII secolo da Antonio Capello e Giò Batta Ottino, mentre la restante decorazione fu realizzata negli anni ’20 del ‘900 dai Trainini.
Gli altari laterali offrono esempi delle prestigiosa tradizione valsabbina dell’intaglio ligneo, spaziando dal XVI al XVIII sec.; mentre le pale sono originarie sia dell’area veneta (il Bassano e il Palma) sia di quella bresciana (Paglia, Scalvini e Voltolini)
L’ancona lignea dell’altare maggiore è di grandioso effetto scenico; venne realizzata da Giovan Battista Poccia già in spirito neoclassico, sotto la sovrintendenza di Pietro Scalvini. Essa ha la funzione di incorniciare ed esaltare la grande pala del Palma, appositamente ampliata dallo Scalvini stesso.
Sempre nel presbiterio vi è l’organo realizzato da Luigi Amati nel 1802 e in seguito più volte rimaneggiato, è oggi in cattive condizioni di conservazione.
In sagrestia ricordiamo i medaglioni della volta affrescati dal Voltolini nel 1712 con gli episodi della vita della Vergine e la Trasfigurazione sul monte Tabor.

La chiesa di San Domenico è di origine incerta, forse dovuta alla predicazione dei Padri Predicatori, viene citata già negli atti della visita del vescovo Bollani del 1566.
La chiesa è a navata unica e presentava fino agli anni ’60 del secolo scorso un elegante portichetto in seguito demolito.
Rimaneggiata nella prima metà del XVII sec., periodo in cui venne dotata dell’unico altare, si presenta nell’insieme curata e ben tenuta.
Gli affreschi della volta sono della prima metà del XVIII secolo, di buona mano, e raffigurano episodi della vita di S. Domenico.
La chiesa fu sede di Cappellanie e fino agli anni ’60 del secolo scorso vi risiedeva il curato. Essa seppur subì una profanazione e spogliazione nel 1797 da parte delle truppe giacobine, che ne depredarono le suppellettili e sfregiarono la graziosa pala.

La Chiesa della Santissima Trinità venne edificata verso la fine del XVI sec. come oratorio privato, amministrato da una cappellania, discioltasi negli anni ’30 del ‘900.
E’ dotata di un'unica navata. L’unico altare presenta una discreta pala incorniciata da una soasa tardo settecentesca..
Originariamente era dotato di un organo, purtroppo disperso nella seconda metà dell’Ottocento, probabilmente realizzato dal veneziano Gaetano Callido.
La navata, il presbiterio e la sacrestia sono ornati da eleganti stucchi primo secenteschi, che incorniciano affreschi coevi. Nel medaglione del presbiterio si trova l’Incoronazione della Vergine, mentre in quelli della navata il Sacrificio di Isacco e il Sacrificio sull’ara di Ornan.


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